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Trentenne scrive messaggini a sfondo sessuale a una minorenne

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09/09/2020

Disposta la custodia cautelare per violenza sessuale

Un trentenne scrive una serie di messaggi di WhatsApp allusivi e sessualmente espliciti ad una ragazza, minore di età, costringendola a scattarsi foto e ad inoltrare una foto senza reggiseno nonché a ricevere una foto ritraente il membro maschile e commentarla, sotto la minaccia di pubblicare la chat su Instagram e su pagine hot. Il gip di Milano su richiesta della Procura della Repubblica dispone la custodia cautelare del maggiorenne responsabile per la sussistenza del reato di violenza sessuale contro una minore. Il Tribunale del riesame conferma la misura cautelare. L’indagato fa ricorso in Cassazione perché la sua condotta  non aveva intaccato la sfera sessuale della minore per assenza di una qualsivoglia richiesta di rapporto sessuale volta al soddisfacimento dei propri impulsi. La Cassazione respinge il ricorso e  conferma la misura  della custodia cautelare. La Cassazione ha ritenuto di condividere pienamente l’indirizzo espresso dal Tribunale del riesame di Milano ritenendo che la violenza sessuale sussista pienamente, pur in assenza di contatto fisico con la vittima, quando gli atti sessuali coinvolgano la corporeità sessuale della persona offesa e siano finalizzati e idonei a compromettere il bene primario della libertà individuale nella prospettiva di soddisfare o eccitare il proprio istinto sessuale. Nella specificità del caso sottoposto al suo esame, la Cassazione ha ravvisato i gravi indizi di colpevolezza del reato contestato "nell'induzione allo scambio di foto erotiche, nella conversazione sulle pregresse esperienze sessuali ed i gusti erotici, nella crescente minaccia a divulgare in pubblico le chat.” Di fronte a questo contesto dei fatti l’approccio fisico è circostanza del tutto irrilevante per la configurabilità del reato.

La Cassazione nella sua decisione ha richiamato numerosi precedenti della Suprema Corte che danno un’interpretazione univoca della norma nel senso indicato in sentenza.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza n. 25266/20; depositata l’8 settembre.

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