13/01/2014
La Corte di Cassazione, con recente sentenza n.11251 del 13 marzo 2008 ha specificato che in tema di danni provocati dall'autorità giudiziaria, l'ordinamento non prevede alcun indennizzo per una imputazione ingiusta, cioè per una imputazione rivelatasi infondata a seguito di sentenza di assoluzione.
E' prevista solo la riparazione del danno, patrimoniale e non patrimoniale, patito per: a) custodia cautelare ingiusta (art. 314 c.p.p.); b) irragionevole durata del processo (L. 24,3,2001n.89); c) condanna ingiusta accertata in sede di revisione, ovverosia errore giudiziario (art. 643 c.p.p.).
Per questo motivo, il Supremo Collegio ha respinto il ricorso proposto da un professionista -imputato per il reato di bancarotta fraudolenta, sottoposto per quasi un mese al provvedimento della custodia cautelare in carcere e definitivamente assolto per non aver commesso il fatto al termine di un processo durato sette anni- a favore del quale era già stato riconosciuto il diritto alla riparazione per l'ingiusta detenzione carceraria subita e al ristoro del danno patrimoniale derivato dall'irragionevole durata del processo.
Il professionista chiedeva, in aggiunta, la riparazione del danno derivatogli per il decremento medio dei guadagni professionali patito nell'arco dell'intero processo, considerato che, anche dopo la scarcerazione, aveva continuato ad essere danneggiato dall'ingiusta imputazione.
Nessun appunto può essere mosso alla sentenza, in quanto la Corte di Cassazione non ha potuto fare altro che applicare le norme vigenti in materia di danni provocati dall'autorità giudiziaria.
Ciononostante, la questione sollevata dal professionista toscano può rappresentare un utile spunto di riflessione per i rappresentanti del neo eletto Parlamento affinché modifichino tale disciplina che, seppure ispirata dal principio di solidarietà e volta a indennizzare la vittima di un'indebita custodia cautelare e/o di un cd. "processo lumaca" dalle inevitabili conseguenze personali di natura morale, patrimoniale, fisica e psichica che ne derivano, trascura i legittimi diritti dell'innocente ingiustamente rinviato a giudizio.
Certamente tale omissione normativa è dovuta al timore dello Stato di vedere moltiplicato considerevolmente il risarcimento nei confronti della vittima dei danni provocati dall'autorità giudiziaria, non essendovi, infatti, alcun dubbio che un' ingiusta imputazione, trascinatasi negli anni a causa delle lungaggini processuali, sia idonea a compromettere la vita personale e professionale del cittadino.
Dott. Francesca Peri

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