11/11/2019
Una signora cade sulle scale di accesso agli spogliatoi di una piscina; ritiene il proprietario della piscina responsabile dei danni subiti. Promuove azione giudiziaria sostenendo di essere caduta dal secondo gradino di accesso agli spogliatoi ed ha dedotto la responsabilità del titolare della piscina, in quanto vi era la presenza di acqua sulle scale, l'antiscivolo sul piano era usurato e non vi era corrimano. Senonché il Tribunale e la Corte di Appello hanno ritenuto non provato il nesso di causalità tra il bene in custodia e la caduta, rilevando che il testimone, indicato dalla stessa infortunata ed escusso in primo grado, non aveva saputo indicare le modalità precise della caduta (e, in particolare, se la caduta era occorsa sul secondo gradino, se questo effettivamente presentava antisdrucciolo usurato ed era privo di corrimano e fosse bagnato d'acqua) e, d'altra parte, le fotografie prodotte attestavano la presenza del corrimano a scala iniziata e l'esistenza di una copertura della scala rendeva più difficile l'ingresso dell'acqua della pioggia.
La domanda di risarcimento è stata così definitivamente respinta perché l’infortunata non ha saputo dare la prova della dinamica del fatto così come era stata da lei descritta e che lo stato della scala fosse fonte di pericolo.
La cassazione ha ribadito che le previsioni dell’art. 2051 del codice civile “non dispensa il danneggiato dall'onere di provare il nesso causale tra cosa in custodia e danno, ossia di dimostrare che l'evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente offensiva, posseduta dalla cosa.”.
La signora non solo non ha ottenuto il risarcimento dei danni di cui ha sofferto a seguito della caduta ma è stata anche condannata al pagamento delle spese processuali a favore del proprietario della piscina che incautamente ha chiamato davanto al giudice.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 3, ordinanza n. 27970/19; depositata il 30 ottobre
Pandora, la prima donna della mitologia greca che inaugura la discriminazione di genere
Narra un mito greco che la prima donna mandata sulla terra dagli dei fosse Pandora, e che fosse stata inviata per punire gli uomini della loro superbia. In un tempo lontanissimo, infatti, sulla terra esistevano solo esseri di sesso maschile, quando l’eroe Prometeo (colui che guarda avanti), amico degli uomini, volle portar loro il fuoco e quindi il progresso. Gli dei, irati per questo atto di disobbedienza, condannarono Prometeo ad una pena atroce e gli uomini ad aver bisogno delle donne. A Pandora gli dei avevano donato sia un bell’aspetto che un cuore menzognero ed un’indole ambigua. La prima donna era stata definita “un male così bello” che nessuno le poteva sfuggire. Ora, il fratello di Prometeo, che si chiamava Epimeteo, un giovane impulsivo che non pensava alle conseguenze delle sue azioni ( il suo nome significa “vedo dopo”), si invaghì di Pandora e la portò nella sua casa. Alla donna era stato detto che non avrebbe dovuto mai aprire un certo vaso: quale migliore raccomandazione per cedere alla tentazione di aprirlo? Il vaso venne aperto. Fu così che tutti i mali, prima sconosciuti agli esseri umani, si diffusero sulla terra. Ma, per fortuna, sul fondo del vaso rimase attaccata solo la speranza, unica consolazione per l’umanità.
Il mito greco con questa narrazione ci fornisce la spiegazione sulle ragioni della differenza di genere attribuendo la radice di tutti i mali del mondo alla donna. Nella mitologia greca e nei secoli successivi, la posizione della donna è stata sempre connotata da emarginazione e discriminazione perché nel pensiero filosofico le si è attribuita la causa di tutti i mali del mondo. La donna nella nostra storia meno recente non ha mai avuto ruoli, tranne rarissimi casi. A questa concezione negativa della mitologia greca fa da parallelo, sulla riva opposta del mare Egeo, anche la narrazione del libro della genesi con la figura di Eva che, con il suo comportamento, ha causato la sua definitiva cacciata, insieme a quella di Adamo, dal paradiso terrestre. La cultura occidentale moderna affonda le sue radici nella storia e nei valori greco-giudaico-cristiani. Ben si comprende, quindi, la dura lotta delle donne per conquistare nell'epoca moderna la parità di genere sul lavoro. Pandora ed Eva, anche ai giorni nostri, costituiscono il subconscio e la subcultura con cui occorre confrontarsi nella lotta quotidiana per conquistare la parità di genere nella società, nelle istituzioni e anche sul luogo di lavoro.
Divieto di discriminazione
è vietata la discriminazione fondata sul sesso avente ad oggetto:
l'accesso al lavoro, il trattamento retributivo, i premi, la qualifica, le mansioni, la carriera e ogni altro aspetto del trattamento economico e normativo.
la discriminazione può essere diretta o indiretta. La discriminazione indiretta si ha quando un comportamento o una condotta che appaiono essere neutri in realtà discriminano in ragione del sesso.
Dimissioni e maternità
La risoluzione consensuale del rapporto o la richiesta di dimissioni presentate dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento, o, in caso di adozione internazionale, nei primi tre anni, devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali competente per territorio. A detta convalida e' sospensivamente condizionata l'efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro.