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Impossibilità sopravvenuta della prestazione lavorativa

Legittima l'intimazione del licenziamento


La corte di cassazione ha ribadito che “non sussiste un diritto del dipendente che si sia venuto a trovare, per sopravvenuta invalidità, nell'impossibilità di svolgere le proprie precedenti mansioni, ad essere adibito a mansioni differenti, né il datore di lavoro è tenuto a modificare a questo fine la propria organizzazione di lavoro. Come sottolineato, infatti, dalla giurisprudenza di questa Corte, “la sopravvenuta infermità permanente del lavoratore integra un giustificato motivo oggettivo di recesso del datore di lavoro solo allorché debba escludersi anche la possibilità di adibire il lavoratore ad una diversa attività lavorativa riconducibile - alla stregua di un'interpretazione del contratto secondo buona fede - alle mansioni già assegnate, o altre equivalenti e, subordinatamente, a mansioni inferiori, purché tale diversa attività sia utilizzabile nell'impresa, secondo l'assetto organizzativo insindacabilmente stabilito dall'imprenditore. Peraltro, nel bilanciamento di interessi costituzionalmente protetti (artt. 4, 32, 36 Cost.) non può pretendersi che il datore di lavoro, per ricollocare il dipendente non più fisicamente idoneo, proceda a modifiche delle scelte organizzative escludendo, da talune posizioni lavorative, le attività incompatibili con le condizioni di salute del lavoratore.” (Cass. civ., 7 marzo 2005, n. 4827; nello stesso senso, 19 aprile 2003, n. 6378; 5 agosto 2000, n. 10339; 8 gennaio 1983, n. 140).” 

Cassazione - Sezione lavoro - sentenza 17 settembre - 28 ottobre 2008, n. 25883. Milano 25 novembre 2008.

Nella foto: opera di Ugo castellani. I licenziati. olio su tavola. 1953

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