08/01/2014
Sul complesso e dibattuto tema del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, per il suo interesse e per la sua chiarezza si riporta la parte centrale della sentenza della corte di cassazione sez. lav., 02 ottobre 2006, n. 21282 che sul tema tanto dibattuto così si è espressa.
” Secondo l'indirizzo costante di questa Suprema Corte, "nella nozione di giustificato motivo aggettivo di licenziamento è riconducibile anche l'ipotesi del riassetto organizzativo dell'azienda attuato al fine di una più economica gestione di essa e deciso dall'imprenditore non semplicemente per un incremento del profitto, ma per far fronte a sfavorevoli situazioni, non meramente contingenti, influenti in modo decisivo sulla normale attività produttiva, imponendo una effettiva necessità di riduzione dei costi" (v. fra le altre Cass. 17.5.2003 n. 7750, Cass. 20.8.2003 n. 12270, Cass. 13.11.2001 n. 14093, Cass. 29.3.1999 n. 3030, Cass. 8.11.1998 n. 11646, Cass. 17.8.1998 n. 8057, Cass. 27.11.1996 n. 10527, Cass. 20.12.1995 n. 12999, nonchè Cass. S.U. 11.4.1994 n. 3353).
Tale principio consolidato (che non può che essere riaffermato anche nelle ipotesi di "esternalizzazione" o "terziarizzazione" di compiti o servizi, così come in quelle di "ridistribuzione" delle mansioni) va, poi, coordinato con il principio, parimenti costantemente affermato, secondo cui "il motivo oggettivo di licenziamento determinato da ragioni inerenti all'attività produttiva, nel cui ambito rientra anche l'ipotesi di riassetto organizzativo attuato per la più economica gestione dell'impresa, è rimesso alla valutazione del datore di lavoro, senza che il giudice possa sindacare la scelta dei criteri di gestione dell'impresa, atteso che tale scelta è espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall'art. 41 Cost., mentre al giudice spetta il controllo della reale sussistenza del motivo addotto dall'imprenditore", con la conseguenza che "non è sindacabile nei suoi profili di congruità ed opportunità la scelta imprenditoriale che abbia comportato la soppressione del settore lavorativo o del reparto o del posto cui era addetto il dipendente licenziato, sempre che risulti l'effettività e la non pretestuosità del riassetto organizzativo operato, nè essendo necessario, ai fini della configurabilità del giustificato motivo, che vengano soppresse tutte le mansioni in precedenza attribuite al lavoratore licenziato, ben potendo le stesse essere solo diversamente ripartite ed attribuite" (v. fra le altre Cass. 29.1.2003 n. 1364, Cass. 2.12.2002 n. 17069, Cass. 23.8.2002 n. 12421, Cass. 7.8.2002 n. 11840, Cass. 12.6.2002 n. 8396, Cass. 15.11.2001 n. 14210, Cass. 23.10.2001 n. 13021, Cass. 29.3.2001 n. 4670, Cass. 14.6.2000 n. 8135).
In definitiva, quindi, la insindacabilità del merito della scelta imprenditoriale non è di ostacolo alla verifica in concreto da parte del giudice della effettività della scelta operata dall'imprenditore, della non pretestuosità della stessa e della non mera strumentalità della medesima soltanto ad un incremento del profitto.
In altre parole ed in sostanza, il giudice deve pur sempre riscontrare nel concreto, seppure senza ingerenza alcuna nelle valutazioni di congruità e di opportunità economico-gestionale, quella "inerenza" della scelta imprenditoriale e delle "ragioni" del conseguente licenziamento, "all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa", richiesta dalla L. n. 604 del 1966, art. 3.
In tale quadro è stato, pertanto, ulteriormente precisato che "il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, della L. 15 luglio 1966, ex art. 3, è determinato non da un generico ridimensionamento dell'attività imprenditoriale, ma dalla necessità di procedere alla soppressione del posto o del reparto cui è addetto il singolo lavoratore, soppressione che non può essere meramente strumentale ad un incremento di profitto, ma deve essere diretta a fronteggiare situazioni sfavorevoli non contingenti; il lavoratore ha quindi il diritto a che il datore di lavoro (su cui incombe il relativo onere) dimostri la concreta riferibilità del licenziamento individuale a iniziative collegate ad effettive ragioni di carattere produttivo-organizzativo e non ad un mero incremento di profitti e che dimostri, inoltre, la impossibilità di utilizzare il lavoratore stesso in altre mansioni equivalenti a quelle esercitate prima della ristrutturazione aziendale" (v. Cass. 7.7.2004 n. 12514).”
In questa sentenza sono contenuti i principi giuridici che agitano la complessa materia del licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
Milano, 10/05/2007
Comunicazione della cessazione del rapporto di lavoro agli enti amministrativi
Entro 5 giorni dalla data risoluzione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è tenuto ad informare il Centro per l’impiego competente della cessazione del rapporto di lavoro (art. 21, comma 1, Legge n. 264/1949).
La comunicazione di cessazione deve essere eseguita anche in presenza di un rapporto di lavoro a termine, allorché avvenga in data antecedente alla data di fine rapporto comunicata al momento della sua instaurazione, proroga o trasformazione. Va comunicata inoltre anche la risoluzione posticipata nel caso del contratto a tempo determinato che si prolunghi per prosecuzione di fatto.
L’omessa comunicazione è punita con una sanzione amministrativa da € 100 a € 500, per ciascun lavoratore interessato (art. 19, comma 3, D.lgs.276/2003).
Termini di decadenza per l'impugnazione del licenziamento
Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch' essa in forma scritta, dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volonta' del lavoratore anche attraverso l'intervento dell'organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso. L'impugnazione e' inefficace se non e' seguita, entro il successivo termine di centottanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato. Qualora la conciliazione o l'arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l'accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo. Legge 604/1966
Tentativo preventivo di conciliazione
Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, qualora disposto da un datore di lavoro che occupi più di 15 addetti, deve essere preceduto da una comunicazione effettuata dal datore di lavoro alla Direzione territoriale del lavoro del luogo dove il lavoratore presta la sua opera, e trasmessa per conoscenza al lavoratore. Nella comunicazione il datore di lavoro deve dichiarare l'intenzione di procedere al licenziamento per motivo oggettivo e indicare i motivi del licenziamento medesimo nonche' le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato. La Direzione territoriale del lavoro trasmette la convocazione al datore di lavoro e al lavoratore nel termine perentorio di sette giorni dalla ricezione della richiesta: l'incontro si svolge dinanzi alla commissione provinciale di conciliazione. La comunicazione contenente l'invito si considera validamente effettuata quando e' recapitata al domicilio del lavoratore indicato nel contratto di lavoro o ad altro domicilio formalmente comunicato dal lavoratore al datore di lavoro, ovvero e' consegnata al lavoratore che ne sottoscrive copia per ricevuta. Le parti possono essere assistite dalle organizzazioni di rappresentanza cui sono iscritte o conferiscono mandato oppure da un componente della rappresentanza sindacale dei lavoratori, ovvero da un avvocato o un consulente del lavoro. La procedura si conclude entro venti giorni dal momento in cui la Direzione territoriale del lavoro ha trasmesso la convocazione per l'incontro. La mancata presentazione di una o entrambe le parti al tentativo di conciliazione e' valutata dal giudice nel successivo ed eventuale contenzioso giudiziario. Legge 604/1966 art. 7.
Durante la prova si può licenziare anche verbalmente
Il licenziamento deve essere comunicato per iscritto e devono essere indicati i motivi. I lavoratori assunti in prova possono essere licenziati anche oralmente. Ma è consigliabile usare anche per essi la forma scritta con la motivazione del mancato superamento della prova. Legge 604/1966