08/01/2014
Disciplina del rapporto di lavoro
Nel nostro ordinamento giuridico, il rapporto di lavoro del dirigente ha una disciplina del tutto particolare e distinta rispetto agli altri rapporti di lavoro subordinato. Una delle caratteristiche che contraddistingue il rapporto di lavoro del dirigente rispetto agli altri lavoratori subordinati risiede in particolare nella disciplina della risoluzione del rapporto di lavoro. Nel nostro ordinamento giuridico se l'impresa occupa più di 15 addetti, i lavoratori godono della cosiddetta stabilità reale del posto di lavoro (reintegrazione nel posto di lavoro e risarcimento del danno); se l’impresa ne occupa un numero inferiore, i lavoratori godono invece della stabilità obbligatoria (ripristino del rapporto di lavoro o, in alternativa, risarcimento del danno nella misura da un minimo di 2,5 mensilità a un massimo di 6 mensilità della retribuzione globale del fatto).
La disciplina è totalmente diversa per quanto concerne, invece, la posizione del dirigente. Infatti, nel caso in cui il licenziamento del dirigente sia illegittimo in quanto privo di giusta causa o di giustificato motivo, egli ha solo un diritto al risarcimento dei danni nei termini fissati dal contratto collettivo di settore, senza possibilità di riprendere coattivamente la sua attività lavorativa alle dipendenze della società licenziante.
Comunicazione per iscritto del licenziamento.
Il licenziamento del dirigente, al pari di altri lavoratori subordinati, deve essere comunicato per iscritto: il licenziamento verbale è inefficace.
Mentre la lettera di licenziamento per giustificato motivo oggettivo può anche non contenere la motivazione, la lettera di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo deve necessariamente contenere anche la contestuale e specifica motivazione del licenziamento. Nel caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo senza indicazione dei motivi, nel caso in cui il dirigente, richieda entro 15 giorni dalla comunicazione del licenziamento l'indicazione di questi motivi, l'impresa è tenuta ad indicarli per iscritto nei i successivi sette giorni. L'inosservanza di questa formalità a carico dell'impresa determina l'inefficacia del licenziamento.
Nel caso in cui il licenziamento del dirigente sia intimato per giusta causa, quindi senza preavviso e con effetto immediato, la lettera di licenziamento deve necessariamente contenere la motivazione: l'omessa indicazione dei motivi inficia tutta la procedura con la conseguente invalidità del licenziamento stesso. È la natura stessa del licenziamento disciplinare che conclude la procedura di contestazione di addebito di cui all'articolo 7 dello Statuto dei Lavoratori (L. 300/1970) che impone necessariamente che il motivo sia indicato contestualmente al recesso per giusta causa o giustificato motivo soggettivo.
Licenziamento disciplinare.
Il datore di lavoro non può adottare il provvedimento del licenziamento disciplinare per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo nei confronti del dirigente senza avergli preventivamente contestato l'addebito e senza averlo sentito a sua difesa nelle forme e nei termini cui all'articolo 7 dello Statuto dei Lavoratori. La procedura di cui all’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori trova piena applicazione anche nei confronti delle dirigente da licenziare per motivi disciplinari, al pari della generalità degli altri lavoratori subordinati.
Legislazione di garanzia.
Il dirigente non è destinatario della legislazione di garanzia prevista dal nostro ordinamento giuridico sui licenziamenti: indipendentemente dal numero dei lavoratori egli non gode né della stabilità reale del posto di lavoro, né della cosiddetta stabilità obbligatoria. In assenza di questa tutela legale, il contratto collettivo di lavoro ha ovviato a tale assenza di tutela introducendo nella disciplina del rapporto alcune norme contrattuali che limitano la libertà di recesso del datore di lavoro e riconoscono il diritto del dirigente ad ottenere il risarcimento del danno.
La normativa contenuta nei vari contratti collettivi che si applicano ai dirigenti prevedono sostanzialmente due obblighi: una particolare forma di comunicazione del licenziamento e l'obbligo di fornire una valida giustificazione al provvedimento di espulsione. Il licenziamento, pertanto, deve essere comunicato sempre per iscritto e deve contenere la motivazione che deve essere contestuale al licenziamento.
Nel caso in cui il licenziamento sia adottato senza l'osservanza delle forme previste dalla contrattazione collettiva e senza la sussistenza dei relativi motivi, il dirigente ha diritto ad ottenere il risarcimento del danno, denominato “indennità supplementare”. In sostanza il licenziamento mantiene tutta la sua efficacia senza che il dirigente abbia diritto di rientrare in azienda: tuttavia il datore di lavoro ha l'obbligo di corrispondergli un determinato importo a titolo risarcitorio. Licenziamento e nozione della giustificatezza.
I contratti collettivi prevedono che il licenziamento del dirigente possieda il requisito della "giustificatezza". Su questo concetto vi sono diversi orientamenti interpretativi, ma quello che sembra più aderente alla norma collettiva è contenuto in una recente pronuncia della Cassazione secondo cui “in materia di licenziamento dei dirigenti, costituisce jus receptum (ex multis, Cass. Civ. 13.1.2003, n. 322; Cass. Civ. 7.10.2002, n. 14326), il principio secondo il quale la nozione convenzionale di giustificatezza del licenziamento del dirigente […] non coincide con quelli legali di giusta causa e di giustificato motivo, essendo la prima molto più ampia, estesa fino a ricomprendere qualsiasi motivo di recesso che ne esclude l’arbitrarietà con il limite del divieto del licenziamentro discriminatorio e del rispetto dei principi di correttezza e buona fede” Cass. Civ. 02.02.2007, n. 2266. Tale principio trova fondamento nella peculiarità del rapporto di lavoro del dirigente in cui l'aspetto fiduciario assume un'incisiva rilevanza. Questa pregnanza certamente giustifica la diversità di trattamento nell'individuazione dei motivi per la valida risoluzione del rapporto di lavoro. La nozione di giustificatezza del licenziamento del dirigente è quindi più estesa del concetto di giusta causa o di giustificato motivo soggettivo: il criterio su cui parametrare la validità di tali ragioni è dato dal rispetto da parte del datore di lavoro dei principi di correttezza e buona fede nell'esecuzione del contratto e del divieto del licenziamento discriminatorio o per altro motivo illecito, con l'utilizzabilità - in caso di condotta di parziale o inesatto inadempimento - anche dei generali criteri codicistici di valutazione della gravità dell'inadempimento, fermo restando, in base ai principi generali, l'onere probatorio, del datore di lavoro in ordine alla veridicità, fondatezza e idoneità dei motivi addotti a giustificazione del recesso.
Termine di impugnazione del licenziamento.
Per la generalità dei lavoratori il licenziamento deve essere impugnato perentoriamente, a pena di decadenza, entro 60 giorni dalla sua comunicazione. Per quanto concerne, invece, i dirigenti questo termine non si applica per previsione di legge. Il dirigente, pertanto, può esercitare l'azione contro il licenziamento che ritiene illegittimo nel normale termine di prescrizione del suo diritto.
Onere della prova della giustificatezza del licenziamento.
Nel caso in cui il dirigente impugni il suo licenziamento, l'onere di provare la giustificatezza del licenziamento incombe sul datore di lavoro che, peraltro, deve indicare i motivi del licenziamento già nella lettera di recesso. L'autorità giudiziaria, certamente, non ha alcun potere di interferire sulle scelte organizzative o gestionali dell'impresa e sulla congruità e opportunità della decisione assunta dal datore di lavoro.
Collegio arbitrale.
I vari contratti collettivi dei dirigenti prevedono che la controversia sulla giustificatezza del licenziamento nonché quella sulla misura dell'indennità supplementare sia decisa da un collegio arbitrale. Gli stessi contratti collettivi disciplinano le modalità del ricorso al collegio arbitrale. Naturalmente si tratta di un arbitrato irrituale, per giurisprudenza e dottrina pacifiche. Il dirigente ha la facoltà di promuovere la costituzione del collegio arbitrale oppure di rivolgersi alternativamente all'autorità giudiziaria: nel caso in cui però il dirigente abbia promosso la costituzione del collegio arbitrale, egli non ha più la facoltà di promuovere l'azione giudiziaria. Condizione essenziale perché si possa ricorrere al collegio arbitrale è che il datore di lavoro sia iscritto all'organizzazione sindacale di categoria. Il collegio arbitrale deve essere adito, a pena di decadenza, entro 30 giorni dalla comunicazione del licenziamento.
È consigliabile che il dirigente per tutelare i suoi diritti adisca l'autorità giudiziaria perché offre più pregnanti garanzie rispetto al collegio arbitrale. In ogni caso, il lodo arbitrale può essere impugnato secondo le norma del codice di procedura civile.
Indennità supplementare.
Nel caso in cui il licenziamento sia ritenuto ingiustificato, tutti i contratti collettivi dei dirigenti prevedono una indennità supplementare a favore del dirigente stesso, in aggiunta alle competenze di fine rapporto e all'indennità sostitutiva del preavviso.
L’indennità è fissata tra un minimo ed un massimo di mensilità, limiti che non possono essere superati. Alcuni contratti collettivi prevedono, inoltre, una maggiore o minore indennità supplementare con riferimento all'anzianità anagrafica del dirigente (settore industriale, commerciale, bancario, assicurativo).
Il minimo del risarcimento si determina con riferimento alla misura del preavviso spettante maggiorato eventualmente di qualche ulteriore mensilità con riferimento all'anzianità di servizio del dirigente.
Milano 15/03/2007
Impugnazione del licenziamento del dirigente Il dirigente che contesta il suo licenziamento perché lo ritiene privo di giusta causa o di giustificato motivo, può impugnarlo con qualsiasi atto scritto, giudiziale oppure stragiudiziale. Il Licenziamento deve essere impugnato entro 60 giorni dalla sua comunicazione. Nel successiva termine di 180 giorni il dirigente deve depositare perentoriamente il ricorso avanti il tribunale del lavoro, a pena di decadenza. In alternativa al ricorso davanti il tribunale, il dirigente può far ricorso al collegio arbitrale previsto dal contratto collettivo. Se il datore di lavoro rifiuta l'arbitrato, il dirigente deve depositare il ricorso davanti il tribunale entro 60 giorni dal rifiuto dal mancato accordo sull'arbitrato.
Dirigente e licenziamento disciplinare.
Il licenziamento disciplinare del dirigente, al pari di tutti gli altri lavoratori subordinati che dirigenti non sono, è sottoposto alle garanzie dell'articolo 7 dello statuto dei lavoratori. Il licenziamento disciplinare senza questa procedura deve ritenersi ingiustificato. Tutti i dirigenti hanno diritto a questa garanzia, a prescindere dal ruolo ricoperto in azienda. Il datore di lavoro deve preventivamente contestare al dirigente, in modo specifico, il fatto di rilevanza disciplinare.
Proprietà dell'azienda e dimissioni del dirigente
Il dirigente, nel caso in cui vi sia un trasferimento della proprietà dell'azienda oppure uno scorporo, una fusione o una concentrazione societaria ha la facoltà di recedere dal rapporto di lavoro. Questo diritto di presentazione delle dimissioni sussiste anche nel caso in cui vi sia un mutamento dell'assetto azionario della società datrice di lavoro. Questa norma del tutto speciale, che non si applica alla generalità dei lavoratori subordinati, é prevista solo per il dirigente in considerazione del particolare vincolo fiduciario che lo lega all'impresa.
Licenziamento con comunicazione scritta e specifica
Il datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, deve comunicare per iscritto il licenziamento. La comunicazione del licenziamento deve contenere la specificazione dei motivi che lo hanno determinato. Il licenziamento intimato senza l'osservanza della forma scritta e dei motivi indicati in modo specifico è inefficace. Queste disposizioni si applicano anche ai dirigenti. Legge 604/1966.