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Le scelte organizzative dell'impresa sono insindacabili

Vietato al giudice ingerirsi nelle scelte imprenditoriali

 Il Fatto.

Un operaio specializzato è stato licenziato per inidoneità fisica alle mansioni assegnate ed per impossibilità di una sua diversa utilizzazione. L'impugnativa del  licenziamento è stata respinta dal tribunale di Pesaro che riteneva legittimo il recesso. La Corte d'appello di Ancona confermava la legittimità del licenziamento. Ha proposto ricorso il lavoratore avverso tale sentenza, chiedendone la cassazione. La Corte di Cassazione decidendo il caso ha affermato il seguente principio: "La sentenza impugnata ha correttamente ritenuto che l'impossibilità di utilizzazione del lavoratore (che va fatta con riferimento a mansioni equivalenti, attesi i limiti temporali operanti per un eventuale patto di demansionamento: v. Sez. L, Sentenza n. 6552 del 18/03/2009) deve essere provata dal datore di lavoro, costituendo uno degli elementi che costituiscono il presupposto di fatto ed il requisito giuridico per la legittimità del licenziamento disposto per inidoneità lavorativa; la sentenza ha peraltro affermato che al datore di lavoro non può chiedersi una  prova assoluta ed inconfutabile e che la concreta possibilità di diverso impiego del dipendente può emergere solo nel contraddittorio con le parti. Così facendo, la corte territoriale si è attenuta al principio fissato da questa Corte (Sez. L, Sentenza n. 3040 del 08/02/2011) secondo cui, con riferimento al giustificato motivo oggettivo di licenziamento determinato da ragioni tecniche, organizzative produttive, compete al giudice - che non può, invece, sindacare la scelta dei criteri di gestione dell'impresa, espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall'art. 41 Cost., - il controllo in ordine all'effettiva sussistenza del motivo addotto dal datore di lavoro, in ordine al quale il datore di lavoro ha l'onere di provare, anche mediante elementi presuntivi ed indiziari, l'impossibilità di una differente utilizzazione del lavoratore in mansioni diverse da quelle precedentemente svolte; tale prova, tuttavia, non deve essere intesa in modo rigido, dovendosi esigere dallo stesso lavoratore che impugni il licenziamento una collaborazione nell'accertamento di un possibile "repechage", mediante l'allegazione dell'esistenza di altri posti di lavoro nei quali egli poteva essere utilmente ricollocato, e conseguendo a tale allegazione l'onere del datore di lavoro di provare la non utilizzabilità nei posti predetti (negli stessi termini, anche Sez. L, Sentenza n. 25197 del 2013; in precedenza, anche  Cass. Sez. L, Sentenza n. 6559 del 18/03/2010 aveva ritenuto che il datore di lavoro deve dare prova anche dell'impossibilità di una differente utilizzazione del lavoratore in mansioni diverse da quelle precedentemente svolte, onere che può essere assolto anche mediante il ricorso a risultanze di natura presuntiva ed indiziaria, mentre il lavoratore ha comunque un onere di deduzione e di allegazione di tale possibilità di reimpiego)." Cassazione civile  sez. lav.    12/02/2014 N. 3224

 

Nella foto: opera di Renato Guttuso  (Bagheria 26 dicembre 1911 –Roma 18 gennaio 1987). è stato protagonista della pittura sociale e neorealista raffigurando il mondo del lavoro. Parlamentare comunista, insignito del Premio Lenin per la Pace. Visse la sua parabola dalla rivoluzione bolvescica del 1917 al crollo del muro di Berllino del 1989.

 

 

Comunicazione della cessazione del rapporto di lavoro agli enti amministrativi

Entro 5 giorni dalla data risoluzione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è tenuto ad informare il Centro per l’impiego competente della cessazione del rapporto di lavoro (art. 21, comma 1, Legge n. 264/1949).

 La comunicazione di cessazione deve essere eseguita anche in presenza di un rapporto di lavoro a termine, allorché avvenga in data antecedente alla data di fine rapporto comunicata al momento della sua instaurazione, proroga o trasformazione. Va comunicata inoltre anche la risoluzione posticipata nel caso del contratto a tempo determinato che si prolunghi per prosecuzione di fatto.

 L’omessa comunicazione è punita con una sanzione amministrativa da € 100 a € 500, per ciascun lavoratore interessato (art. 19, comma 3, D.lgs.276/2003). 

Termini di decadenza per l'impugnazione del licenziamento

Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch' essa in forma scritta, dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volonta' del lavoratore anche attraverso l'intervento dell'organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso. L'impugnazione e' inefficace se non e' seguita, entro il successivo termine di centottanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato. Qualora la conciliazione o l'arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l'accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo. Legge 604/1966

Tentativo preventivo di conciliazione

Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, qualora disposto da un datore di lavoro che occupi più di 15 addetti, deve essere preceduto da una comunicazione effettuata dal datore di lavoro alla Direzione territoriale del lavoro del luogo dove il lavoratore presta la sua opera, e trasmessa per conoscenza al lavoratore. Nella comunicazione il datore di lavoro deve dichiarare l'intenzione di procedere al licenziamento per motivo oggettivo e indicare i motivi del licenziamento medesimo nonche' le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato. La Direzione territoriale del lavoro trasmette la convocazione al datore di lavoro e al lavoratore nel termine perentorio di sette giorni dalla ricezione della richiesta: l'incontro si svolge dinanzi alla commissione provinciale di conciliazione. La comunicazione contenente l'invito si considera validamente effettuata quando e' recapitata al domicilio del lavoratore indicato nel contratto di lavoro o ad altro domicilio formalmente comunicato dal lavoratore al datore di lavoro, ovvero e' consegnata al lavoratore che ne sottoscrive copia per ricevuta. Le parti possono essere assistite dalle organizzazioni di rappresentanza cui sono iscritte o conferiscono mandato oppure da un componente della rappresentanza sindacale dei lavoratori, ovvero da un avvocato o un consulente del lavoro. La procedura si conclude entro venti giorni dal momento in cui la Direzione territoriale del lavoro ha trasmesso la convocazione per l'incontro. La mancata presentazione di una o entrambe le parti al tentativo di conciliazione e' valutata dal giudice nel successivo ed eventuale contenzioso giudiziario. Legge 604/1966 art. 7.

Durante la prova si può licenziare anche verbalmente

Il licenziamento deve essere comunicato per iscritto e devono essere indicati i motivi. I lavoratori assunti in prova  possono essere licenziati anche oralmente. Ma è consigliabile usare anche per essi la forma scritta con la motivazione del mancato superamento della prova. Legge 604/1966