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Quando bisogna lottare per la figlia

tag  padre  figlia  affidamento 

16/02/2014

Due giovani, che si conoscono sul lavoro, intrecciano una relazione e convivono. Nasce una bambina. Dopo due anni il rapporto si consuma e lei abbandona il compagno portando con sè la figlia minore.

Nei mesi successivi é tensione permanente perché la madre cerca di impedire che il padre veda la figlia e che possa tenerla con sè.

All'improvviso la madre, avendo trovato un nuovo compagno, decide di trasferirsi definitivamente dalla Lombardia in Sardegna portando con se la figlia minore, senza riferire nulla al padre.

Il padre reagisce immediatamente chiedendo al tribunale un provvedimento di urgenza che inibisca alla madre il trasferimento in Sardegna che comprometterebbe definitivamente i rapporti tra il padre e la minore. La madre resiste e resiste strenuamente anche ai ripetuti inviti del giudice che cerca di indurla bonariamente a ritornare sui suoi passi. Ogni tentativo però é del tutto inutile.

Il tribunale costretto ad intervenire nella vicenda dispone l'affidamento al comune ed il collocamento della minore a Milano presso il padre.

La madre propone reclamo avanti la corte di appello. All'udienza di comparizione avanti la corte di appello la madre comunica di essere ritornata a Milano dove ha trovato un posto di lavoro rinunciando così al suo progetto sardo. Il padre acconsente che la figlia sia collocata presso i nonni materni con l'affidamento al comune.

Il comune affidatario della minore deve adesso favorire attraverso i suoi servizi che i contrasti tra i genitori, almeno quelli più aspri, abbiano una bonaria composizione.

 

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Lo studio.

Lo studio è ubicato nel centro storico di Milano, di fronte alla Rotonda della Besana, ed è adiacente al palazzo di giustizia.
Lo studio é aperto dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 14.30 alle 18.30, dal lunedì al venerdì.
L'ubicazione dello studio é utile per le attività avanti tutti gli uffici giudiziari milanesi ( Giudice di Pace, Tribunale, Corte di Appello, Tar Lombardia). 

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L'AVVOCATURA STRUMENTO DEI DIRITTI E DELLA LIBERTA' 

La professione di avvocato incide nel campo della libertà, della sicurezza, della giustizia e, in modo più ampio, sulla protezione dello Stato di diritto. Essa si esercita con autonomia e indipendenza, dignità ed onore, segretezza professionale e lealtà, al fine di tutelare i diritti e gli interessi della persona nei confronti tanto dei privati quanto dei pubblici poteri, contribuendo così alla applicazione delle leggi ed alla corretta amministrazione della giustizia. In una società democratica l’Avvocatura rappresenta un baluardo normativo nella difesa dell’interesse pubblico al perseguimento della giustizia. L’avvocato, dunque, non è mero prestatore di servizi, in un’ottica di puro mercato; il suo é un impegno professionale e sociale, perché al di là del singolo caso concreto, che vede protagonisti le parti del processo, vi sono regole e principi generali che compongo l’ordinamento giuridico, sul cui rispetto è fondata la pacifica convivenza di tutti. Come scriveva l’illustre giurista, e Costituente, Piero Calamandrei: “Molte professioni possono farsi col cervello e non col cuore. Ma l’avvocato no. (…) L’avvocato deve essere prima di tutto un cuore: un altruista, uno che sappia comprendere gli altri uomini e farli vivere in sé, assumere i loro dolori e sentire come sue le loro ambasce. L’avvocatura è una professione di comprensione, di dedizione e di caritàPer questo amiamo la toga: per questo vorremmo che, quando il giorno verrà, sulla nostra bara sia posto questo cencio nero: al quale siamo affezionati perché sappiamo che esso ha servito a riasciugare qualche lacrima, a risollevare qualche fronte, a reprimere qualche sopruso: e soprattutto a ravvivare nei cuori umani la fede, senza la quale la vita non merita di essere vissuta, nella vincente giustizia”. L’avvocato è strumento stesso della giustizia, nella misura in cui avvicina chi ha subito un torto al giudice, che è chiamato a fornire il giusto rimedio di legge. Avv. Paolo Gallo