A- A A+

La retribuzione collettiva può essere contestata dal lavoratore

La retribuzione deve essere comunque idonea ad assicurare una vita libera e dignitosa

Si può anche contestare la retribuzione dei contratti collettivi o la retribuzione pattuita tra il lavoratore e il datore di lavoro se questa retribuzione viola i canoni imperativi previsti dall’art. 36 della costituzione (il lavoratore ha diritto a una retribuzione che gli assicuri una vita libera e dignitosa).
I minimi retributivi dei contratti collettivi, particolarmente nei grandi centri urbani dove il costo della vita è superiore rispetto al rimanete territorio nazionale, possono essere veramente insufficiente.
Il lavoratore di fronte a questa insufficienza può chiedere al giudice di avere un adeguamento della sua retribuzione ai canoni costituzionali. Egli però deve specificare in fatto la sua situazione personale, patrimoniale e familiare.
È opportuno anche enucleare le eventuali particolari condizioni di floridezza economica dell’azienda e del datore di lavoro. Questa domanda deve essere specificatamente proposta al tribunale perché il giudice d’ufficio e senza domanda dell’interessato non può decidere su niente non potendo emettere alcuna decisione.
Si tratta di una domanda che raramente risulta proposta nei giudizi ma la sua proposizione potrebbe aprire orizzonti giuridici insperati.

Milano 23/11/2007.

Nella foto: opera di Giovanni Fumagalli, La cucitrice, 1956.