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La compagna contribuisce con i suoi soldi alla costruzione dell’edificio sul fondo del compagno

tag  News  abitazione  investimento  conviventi 

21/11/2019

Il progetto di vivere insieme non si realizza: l’ex compagna ha il diritto di avere in restituzione le somme investite per la casa in comune

 La compagna, durante il periodo della convivenza, versa delle somme all’allora compagno da impiegare nella costruzione di un’abitazione, su un fondo immobiliare di esclusiva proprietà di quest’ultimo. Dopo la cessazione della convivenza l’ex compagna chiede la divisione dell’edificio costruito con i soldi di entrambi o, in via subordinata, la restituzione di un importo pari alla metà degli esborsi sostenuti per la realizzazione dell’edificio. Il tribunale ha respinto la domanda di accertamento della comproprietà dell’immobile, ma ha riconosciuto all’ex compagna un credito di Euro 80.233,49 a titolo di indennità da ingiustificato arricchimento che l’ex le deve versare.

La Cassazione, intervenendo nella controversia, su ricorso dell’ex compagno, ha confermato la sentenza.  Per la Cassazione l’accertamento in fatto che la dazione di denaro fosse rivolta al solo scopo di realizzare la casa familiare destinata, nelle previsioni dei due compagni, a divenire comune giustificava, ai sensi dell’art. 2033 c.c., il rimborso delle somme versate a titolo di concorso nelle spese di costruzione del manufatto rimasto, poi, in proprietà esclusiva dell’ex compagno che era il proprietario del fondo sul quale l’edificio è stato costruito.

La Cassazione nella sua decisione ha richiamato i suoi numerosi precedenti in materia di matrimonio che hanno sempre riconosciuto uguale diritto al coniuge che ha partecipato con i suoi proventi personali a realizzare una costruzione sul fondo di esclusiva proprietà dell’altro coniuge.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza n. 24721/19; depositata il 3 ottobre 2019.

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La professione di avvocato incide nel campo della libertà, della sicurezza, della giustizia e, in modo più ampio, sulla protezione dello Stato di diritto. Essa si esercita con autonomia e indipendenza, dignità ed onore, segretezza professionale e lealtà, al fine di tutelare i diritti e gli interessi della persona nei confronti tanto dei privati quanto dei pubblici poteri, contribuendo così alla applicazione delle leggi ed alla corretta amministrazione della giustizia. In una società democratica l’Avvocatura rappresenta un baluardo normativo nella difesa dell’interesse pubblico al perseguimento della giustizia. L’avvocato, dunque, non è mero prestatore di servizi, in un’ottica di puro mercato; il suo é un impegno professionale e sociale, perché al di là del singolo caso concreto, che vede protagonisti le parti del processo, vi sono regole e principi generali che compongo l’ordinamento giuridico, sul cui rispetto è fondata la pacifica convivenza di tutti. Come scriveva l’illustre giurista, e Costituente, Piero Calamandrei: “Molte professioni possono farsi col cervello e non col cuore. Ma l’avvocato no. (…) L’avvocato deve essere prima di tutto un cuore: un altruista, uno che sappia comprendere gli altri uomini e farli vivere in sé, assumere i loro dolori e sentire come sue le loro ambasce. L’avvocatura è una professione di comprensione, di dedizione e di caritàPer questo amiamo la toga: per questo vorremmo che, quando il giorno verrà, sulla nostra bara sia posto questo cencio nero: al quale siamo affezionati perché sappiamo che esso ha servito a riasciugare qualche lacrima, a risollevare qualche fronte, a reprimere qualche sopruso: e soprattutto a ravvivare nei cuori umani la fede, senza la quale la vita non merita di essere vissuta, nella vincente giustizia”. L’avvocato è strumento stesso della giustizia, nella misura in cui avvicina chi ha subito un torto al giudice, che è chiamato a fornire il giusto rimedio di legge. Avv. Paolo Gallo