30/06/2019
La corte di appello ha assolto il direttore generale dell’ASM s.p.a., società multi servizi municipale addetta, tra l’altro, alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti urbani nella città di Terni, dall’accusa di aver maltrattato un lavoratore, ingegnere e dirigente del settore ambiente di quella società,
La corte di appello rilevava “ come le emergenze processuali avessero escluso la ricorrenza di quel contesto para-familiare che giustifica l’applicazione della norma incriminatrice prevista dal citato art. 572 c.p. in un contesto lavorativo, con riferimento alle relazioni esistenti tra il datore di lavoro e i dipendenti subordinati.
La cassazione ha confermato la sentenza di assoluzione richiamo i suoi precedenti che hanno visto affermato “ll principio secondo il quale le pratiche persecutorie realizzate ai danni del lavoratore dipendente e finalizzate alla sua emarginazione (cosiddetto "mobbing") possono integrare il delitto di maltrattamenti in famiglia esclusivamente qualora il rapporto tra il datore di lavoro e il dipendente assuma natura para-familiare, in quanto caratterizzato da relazioni intense ed abituali, da consuetudini di vita tra i soggetti, dalla soggezione di una parte nei confronti dell’altra, dalla fiducia riposta dal soggetto più debole del rapporto in quello che ricopre la posizione di supremazia”
Nel caso specifico non possono esservi stati i maltrattamenti in famiglia stante “l’assenza di quelle caratteristiche di stabile affidamento e reciproca solidarietà che qualificano la famiglia e gli altri gruppi in cui si realizza, con canoni analoghi, una forma di stabile convivenza tra i soggetti interessati: ciò tenuto conto che le condotte oggetto di addebito - si legge nella convincente motivazione della sentenza gravata - erano state poste in essere dal direttore generale di una grande azienda municipalizzata (addetta, tra l’altro, alla raccolta e alla termovalorizzazione dei rifiuti urbani, alla distribuzione dell’acqua e dell’energia elettrica in un capoluogo di provincia), che constava di centinaia dipendenti pure sindacalizzati, nei riguardi specifici non di un lavoratore subordinato con compiti meramente esecutivi bensì di un dirigente amministrativo con la qualifica di ingegnere, posto a capo del più importante settore operativo di quella società di capitali; dunque di un soggetto che certamente era stato vittima di condotte vessatorie e talvolta ingiuriose da parte del suo superiore, ma che non aveva affatto instaurato, al pari degli altri dirigenti addetti agli ulteriori settori di attività aziendale, con il direttore generale una comunanza di vita assimilabile a quella che caratterizza la vita di una famiglia, nella quale le relazioni intense e abituali dei suoi componenti si accompagnano ad una fiducia riposta dal soggetto più vulnerabile nei riguardi di altro posto in posizione di preminenza.”
Il diverso reato di lesioni personali era da ritenersi definitivamente prescritto per il decorso del tempo.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza n. 28251/19; depositata il 27 giugno.
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