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La Corte Costituzionale dà scacco matto al jobs act

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02/10/2018

Il giudice deve poter decidere il risarcimento dovuto per il licenziamento illegittimo, caso per caso, senza criteri meccanistici, tra il minimo e il massimo stabilito dalla legge

La Corte Costituzionale alla fine del mese di settembre 2018, ha emesso un comunicato stampa annunciando di aver dichiarato incostituzionale la previsione del jobs act che ha introdotto le tutele crescenti per i licenziamenti illegittimi adottati nei confronti dei lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 da imprese con più di 15 addetti.

Quella legge, nella sua formulazione originaria del 2015, prevede che il lavoratore licenziato illegittimamente abbia diritto a un risarcimento da 4 a 24 mensilità in ragione di due mesi di retribuzione per ogni anno di servizio, con il minimo di 4 mesi. Nel mese di luglio 2018 il decreto dignità ha elevato questo minimo a 6 mesi e il massimo a 36 mesi.

La Corte Costituzionale adesso ha dichiarato la illegittimità della norma del jobs act nelle parti in cui ha escluso il potere discrezionale del giudice sulla quantificazione del risarcimento dovuto al lavoratore adottando un criterio di certa quantificazione aritmetica. Quel che alla Corte Costituzionale non va bene è il principio che a tot anni di servizio debba meccanicisticamente corrispondere un tot di risarcimento. Questo criterio non è costituzionalmente corretto perché inadeguato e irragionevole. Il giudice deve avere costituzionalmente la facoltà di valutare il risarcimento spettante caso per caso e deve poter decidere l’effettivo risarcimento dovuto tra un minimo e un massimo che il parlamento ha il diritto di stabilire per legge.

Con la nuova pronuncia della Corte Costituzionale il quadro normativo che si disegna è il seguente.

-I lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015, se reintegrati, hanno diritto al risarcimento del danno fino a 12 mesi; se non vi è reintegrazione nel posto di lavoro il risarcimento va da 12 a 24 mensilità. Per loro con la sentenza della Corte Costituzionale nulla cambia.

-I lavoratori assunti dal 7 marzo 2015, se licenziati illegittimamente dal 12 luglio 2018, continuano a non avere diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro, ma il risarcimento a loro spettante deve essere stabilito dal giudice in una forcella che va da un minimo di 6 a un massimo di 36 mensilità, a prescindere però dalla anzianità di servizio che diventa un semplice elemento di valutazione assieme agli altri previsti per legge. Questi lavoratori licenziati fino al 12 luglio 2018 avranno, invece, diritto da 4 a 24 mensilità.

La diversa disciplina è dovuta alla previsione del decreto dignità del mese di luglio 2018 che ha elevato il minimo e il massimo del risarcimento previsto dal jobs act a decorrere dal 12 luglio 2018

Per comprendere appieno la natura e le conseguenze di questa pronuncia della Corte Costituzionale, occorre aspettare che sia depositata la motivazione della sentenza.

Questa sentenza, giova ricordarlo, ha effetto retroattivo: si applica a tutti i licenziamenti, anche a quelli già intimati nei mesi o negli anni passati, a condizione che la sentenza pronunciata tra le parti non sia passata in giudicato e non sia intervenuta una conciliazione che abbia definito la lite. Se la lite tra l’azienda e il lavoratore è ancora pendente, questa sentenza della corte ha effetto immediato.

Una bruttissima sorpresa per le aziende che hanno confidato sul jobs act e una buona novella per i lavoratori che hanno subito quel licenziamento che le aziende hanno adottato confidando sul fatto che tanto sarebbe costato poco.

 

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