02/11/2017
Il fatto.
Un dirigente è stato assunto con funzioni di Associate Partner. Successivamente, è stato licenziato insieme ad altri 25 dirigenti che prestavano la loro opera distribuiti su varie sedi del terrritorio nazionale. Le ragioni del licenziamento risiedevano nell'esigenza di riorganizzare e ridimensionare la struttura dell'organico, con la soppressione della posizione lavorativa; in azienda, però, sono rimaste le funzioni di Associate Partner che continuavano ad essere svolte da altri dirigenti rimasti in forza. Il dirigente licenziato ha impugnato il licenziamento avanti il Tribunale di Milano, che gli ha respinto la domanda. La corte di Appello, chiamata a pronunciarsi, ha riformato la sentenza, affermando l’illegittimità del licenziamento a causa della mancata comparazione soggettiva tra il dirigente licenziato e gli altri dirigenti rimasti in forza.
Per l’interesse del principio giuridico affermato dalla corte di appello, riportiamo la motivazione della sentenza:
“ Il collegio è pienamente consapevole dell’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità per il quale la giustificatezza del licenziamento del dirigente è fattispecie - contrattuale collettiva- diversa da quella - legale - di giustificato motivo, essendo qualificata solo dalla non arbitrarietà e rispettosità dei principi di correttezza e buona fede (cfr. tra le recenti: Cass. 20 giugno 2016 n. 12668), nonché dalla ragionevolezza e serietà del motivo di recesso, da accertarsi secondo un equo contemperamento dei contrapposti interessi ex art. 1371 c.c., applicabile appunto in quanto si tratta di ipotesi contrattuale collettiva. In particolare, la corte condivide la tesi secondo cui non appartiene alla fattispecie de qua il c.d. obbligo di repechage e comunque il carattere di extrema ratio della decisione espulsiva. Ciò nonostante, nel verificare il rispetto dei canoni della ragionevolezza, della correttezza e della buona fede - e a fortiori del rispetto dell’equo contemperamento degli opposti interessi di datore di lavoro e di lavoratore - non può non considerarsi che quando, come nel caso di specie, una posizione lavorativa venga soppressa ma altre analoghe siano conservate, vale a dire permangano al lavoro altri dirigenti svolgenti la medesima funzione, tali canoni richiedono l’indicazione e la prova delle ragioni della scelta in una logica di comparazione. Ciò è stato affermato dalla Corte di cassazione con riguardo al giustificato motivo di licenziamento di cui all’ art. 3 l. n. 604 del 1966 (cfr. : Cass. 21 dicembre 2001, n. 16144 e le numerose altre decisioni che sono seguite), la cui diversità dalla nozione di giustificatezza qui non rileva, in un caso e nell’ altro operando i comuni, suddetti canoni.”
Non essendo stata data prova della comparazione soggettiva, l’azienda è stata condannata a corrispondere al dirigente l’indennità supplementare che ha quantificato un 15 mensilità di retribuzione.
(Corte di appello di Milano, Sezione Lavoro, sentenza n. 313/2017 presidente e giudice relatore dott.ssa Vitali).