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Gli accordi individuali tra datore di lavoro e lavoratore sui tempi della prestazione lavorativa non sospendono l'obbligo del versamento dei contributi previdenziali

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19/06/2016

I contributi previdenziali sono sottratti alla libera disponibilità delle parti

Il tribunale assumendo che per il periodo di tempo considerato nella controversia si era verificata una sospensione dell'attività lavorativa, affermava il diritto dell'azienda di non pagare i contributi sul minimale retributivo. La corte di appello riformava la sentenza e condannava l'impresa al pagamento della contribuzione previdenziale. L'impresa ha proposto ricorso in cassazione che, però, lo ha respinto.

L'argomentazione giuridica della corte di cassazione si è sviluppata esaminando attentamente la normativa di legge. Per la corte di cassazione "L’art. 29 d.l. 23/6/1995 n. 244, convertito in legge n. 341/1995, cosi recita: "I datori di lavoro esercenti attività edile anche se in economia operanti sul territorio nazionale, individuati dai codici ISTAT 1991, dal 45.1 al 45.45.2, sono tenuti ad assolvere la contribuzione previdenziale ed assistenziale su di una retribuzione commisurata ad un numero di ore settimanali non inferiore all’orario di lavoro normale stabilito dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale e dai relativi contratti Integrativi territoriali di attuazione, con esclusione delle assenze per malattia, infortuni, scioperi, sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, con intervento della cassa integrazione guadagni, di altri eventi indennizzati e degli eventi per i quali il trattamento economico è assolto mediante accantonamento presso le casse edili. Altri eventi potranno essere individuati con decreto dei ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il ministro del tesoro, sentite le organizzazioni sindacali predette. Restano ferme le disposizioni in materia di retribuzione imponibile dettate dalla L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 12, e successive modificazioni, in materia di minimali di retribuzione ai fini contributivi e quelle di cui al D.L. 9 ottobre 1989, n. 338, art. 1, comma 1, convertite, con modificazioni, dalla L. 7 dicembre 1989, n..389. Nella retribuzione imponibile di cui a quest’ultima norma rientrano, secondo le misure previste dal D.L. 29 marzo 1991, n. 103, art. 9, convertito, con modificazioni, dalla L. 1 giugno 1991, n. 166, anche gli accantonamenti e le contribuzioni alle casse edili".

La normativa ha una finalità chiaramente antielusiva. I casi di esclusione dal versamento della contribuzione sono tassative. 

Secondo la corte di cassazione, oltre ai casi sopra indicati, la contribuzione non è dovuta, in forza di un decreto ministeriale, per: "a) permessi individuali non retribuiti nel limite massimo delle 40 ore; b) eventuali anticipazioni effettuate dal datore di lavoro di somme corrispondenti agli importi della CIG; c) periodi di assenza dal lavoro per ferie collettive, per i lavoratori che non le hanno maturate; d) periodi di assenza per la frequenza di corsi di formazione professionale." 

La corte di cassazione ha escluso che gli eventuali "accordi individuali di sospensione dell’attività, al di fuori delle causali indicate, possano condurre all’esonero dall’obbligo del minimale contributivo." Vi è, la possibilità, però, dell'esonero dal versamento della contribuzione nel caso in cui si sia provveduto a dare preventiva comunicazione all'istituto previdenziale della sospensione dell'attività lavorativa e che la sospensione lavorativa sia oggettivamente rilevabile. 

L'esonero dal versamento della contribuzione  vi è solo quando è la legge che impone al datore di lavoro di dover sospendere il rapporto di lavoro.

(Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n. 12425/16; depositata il 16 giugno).

Per consultare Le sentenze della Corte di Cassazione vi suggeriamo il sito della corte.