A- A A+

Per il lavoro dell’extra comunitario privo di permesso di soggiorno sono dovuti, comunque, i contributi previdenziali all’Inps.

Il lavoratore ha sempre diritto alla corresponsione della retribuzione prevista per legge

Un datore di lavoro occupa alle sue dipendenze senza regolarizzazione previdenziale un extra comunitario privo del permesso di soggiorno. L’Inps pretende il pagamento dei contributi previdenziali per tutti i mesi n cui il lavoratore ha prestato la sua opera.

Su questa pretesa si è aperto un contenzioso che è stato definito dalla Corte Suprema di cassazione con la sentenza che riportiamo e che ha riconosciuto il fondamento della pretesa impositiva dell’Inps.

La Corte di Cassazione ha così argomentato la sua decisione: “Il datore di lavoro ha l'obbligo di versare i contributi all'INPS in relazione alle retribuzioni dovute (in base alla contrattazione collettiva) al lavoratore (cfr. L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 12, e della L. 7 dicembre 1989, n. 389, art. 1).

L'obbligo contributivo è una conseguenza automatica dell'obbligo retributivo. Per stabilire se sussiste l'obbligo contributivo bisogna pertanto verificare se il datore di lavoro dell'extracomunitario senza permesso di soggiorno abbia l'obbligo di corrispondergli la retribuzione per il lavoro svolto.

Il contratto di lavoro stipulato con il lavoratore extracomunitario privo del permesso di soggiorno è un contratto in violazione di legge. L'occupazione di lavoratori privi del permesso di soggiorno (o con permesso di soggiorno scaduto, revocato o annullato) costituisce reato (del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 22, comma 12, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero). Ed, infatti, nel caso in esame, nei confronti del G. è stato emesso un decreto penale di condanna alla pena di L. un milione di ammenda.

L'illegittimità del contratto è quindi fuori discussione. Essa, però, in base a quanto stabilito dal codice civile, non comporta ineluttabilmente il venir meno del diritto del lavoratore alla retribuzione per il lavoro eseguito.

La materia è regolata dall'art. 2126 c.c., che così dispone: "La nullità o l'annullamento del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, salvo che la nullità derivi dall'illiceità dell'oggetto o della causa (comma 1).

Se il lavoro è stato prestato con violazione di norme poste a tutela del prestatore di lavoro, questi ha in ogni caso diritto alla retribuzione (comma 2)".

Il lavoratore extracomunitario assunto con un contratto di lavoro in violazione dell'art. 22, cit. testo unico sull'immigrazione rientra nella fattispecie dell'art. 2126 c.c..

Rientra nella previsione del comma 1, perchè l'illegittimità del contratto deriva dalla mancanza del permesso di soggiorno e non attiene nè alla causa (funzione economico sociale del contratto di lavoro), nè all'oggetto del contratto, costituito dalla prestazione di lavoro erogata, sempre che la stessa sia una prestazione di lavoro lecita, cosa che nel caso in esame nessuno discute (in senso conforme, sebbene con riferimento al quadro normativo anteriore al t.u. del 1998, cfr. Cass., Sez. 50, 13 ottobre 1998, n. 10128).

Ma la fattispecie in esame rientra anche, e soprattutto, nella previsione del secondo comma della norma codicistica. Infatti, dalla lettura della norma violata (art. 22, cit. T.U.) si evince che tra le sue finalità vi è anche quella di garantire al lavoratore straniero condizioni di vita e di lavoro adeguate. Funzionali a questo fine sono le disposizioni che impongono al datore di lavoro di esibire "idonea documentazione indicante le modalità di sistemazione alloggiativa per il lavoratore" (comma 2) e subordinano il rilascio al datore di lavoro del nulla osta per l'assunzione "al rispetto delle prescrizioni del contratto collettivo di lavoro" (comma 5).

Se, quindi, la disciplina del permesso di soggiorno ha (anche) la finalità di tutelare il lavoratore straniero, la sua violazione è "violazione di norme poste a tutela del prestatore di lavoro" (dell'art. 2126 cod. civ., comma 2) e quindi, ai sensi dell'art. 2126 c.c., qualora il contratto venga dichiarato nullo, il lavoratore ha comunque diritto alla retribuzione per il lavoro eseguito.

Questo esito interpretativo risulta coerente con la razionalità complessiva del sistema, laddove si consideri che, se si permettesse al datore di lavoro che ha occupato lavoratori extracomunitari in violazione di legge di essere esentato dagli oneri retributivi e contributivi, si altererebbero le regole basilari del mercato e della concorrenza, consentendo a chi viola la legge sull'immigrazione di fruire di condizioni incisivamente più vantaggiose rispetto a quelle cui è soggetto il datore di lavoro che rispetta la legge.” Cassazione civile, sez. lav., 26/03/2010, (dep.26/03/2010),  n. 7380.

 

Nella foto: opera di William Kentridge, (1955). Il più importante artista sudafricano e uno dei più grandi viventi. Eclettico; noto per disegni, incisioni, sculture e film di animazione creati dai disegni a carboncino. Impegnato contro l'apartheid, il totalitarismo e il colonialismo.